Jane Austen #profiloletterario

È un’esperienza comune incontrare denigratori dei propri autori preferiti. Prendere le loro parti è un riflesso naturale e può essere frustrante registrare la più completa insensibilità alle argomentazioni che, in qualche caso, siamo addirittura costretti a trasformare in giustificazioni. Se è vero che non esistono verità oggettive e che i gusti sono inviolabilmente personali, a volte risulta impossibile farli accettare dagli altri senza provocare sorrisi ironici e alzate di sopracciglia.

Vista la mia predilezione per scrittrici inglesi morte da tempo, ho sperimentato con regolarità queste situazioni. In particolare, se dichiaravo un’opinione su quella che viene considerata un mostro sacro, Jane Austen, ma che invece è un’autrice che genera perplessità nei più. Posso ricordare commenti di questo genere:

Jane Austen? Ma non parla di cose serie!

Ma come fai ad appassionarti alle storie e ai gossip di quelle damine?

I personaggi sono così stupidi: non fanno altro che parlare di balli e matrimoni.

Eroine false e calcolatrici.

E altre cose di questo genere.

Quello che è più difficile far capire dei libri di Jane Austen, e che per me è così evidente, è l’ironia, che a volte sfocia nel sarcasmo, con cui lei ritrae tutti questi argomenti.

La società inglese del primo ottocento non andava affatto a genio alla nostra ragazza di Steventon: all’epoca, le donne non possedevano un patrimonio, non potevano lavorare e ogni attività intellettuale da parte loro non era ben vista, soprattutto se appartenevano alle classi medio-basse e provenivano da famiglie non abbienti. La vita delle ragazze girava attorno al matrimonio, unica occasione per loro di uscire dalla famiglia di origine e costruire una propria indipendenza. Il matrimonio, tuttavia, era prettamente una questione economica: le giovani erano dotate, o non lo erano, di una dote, cioè di una quantità di denaro da trasmettere al marito con le nozze. È chiaro dunque che gli scapoli in cerca di moglie preferivano scegliere donne “convenienti”, che gli procurassero un bel gruzzoletto. Jane Austen era figlia di un pastore e lei stessa senza una dote, come tante delle sue protagoniste: l’unica speranza per donne di tal sorta era affascinare uomini ricchi che possedevano già un bel capitale. Come è possibile intuire, l’amore non era affatto determinante in queste operazioni e le famiglie non ammettevano che le figlie pretendessero un compagno che le rispettasse o le amasse, in quanto se rimanevano a casa come “zittelle” potevano diventare un vero e proprio problema.

C’è qualcosa di autobiografico in Elizabeth Bennet, Fanny Price e Anne Elliot che ricevono pressioni pesanti dai parenti perché rifiutano dei pretendenti ritenuti ideonei perché avrebbero potuto assicurare loro una condizione economica stabile – situazione che visse la stessa scrittrice.

La critica “pre-femminista” è molto sottile e rappresentata dai fatti e dai personaggi, anziché essere dichiarata apertamente dal narratore: Jane Austen contrappone i personaggi falsi, con doppi fini e superficiali a personaggi intelligenti e che scoprono il valore dei sentimenti, soffrendone e ricevendo infine la ricompensa tanto desiderata, il matrimonio per amore. I personaggi non sono descritti “tali e quali” a come li ho descritti, piuttosto sono le loro parole, gli atteggiamenti e le relazioni con gli altri a caratterizzarli. La Austen era probabilmente un’acuta ed instancabile osservatrice della propria società nella quale era considerata una stramba, una testarda e una boriosa, in quanto desiderava vivere del suo lavoro di scrittrice e non piegarsi a ciò che riteneva la avrebbe denigrata nel corpo e nella mente.

A questo punto loro vi diranno: ebbene, cosa c’è di ancora attuale oggi? Jane Austen può aver fatto il suo tempo, essere stata d’aiuto alle donne per prendere coscienza di questa situazione… ma oggi?

Si potrebbe rispondere che la letteratura, come tutte le arti, ha un movente ma non un’utilità: se la letteratura è bella, allora diventa immortale e sopravvive al cambiamento dei tempi.

C’è tuttavia anche l’aspetto della memoria: troppo spesso dimentichiamo che duecento anni non sono poi tanti e non ci rendiamo conto che il genere femminile ha acquisito diritti e rispetto in tempi assai recenti. Ovviamente questo è vero in occidente, mentre nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo il matrimonio combinato e la “vendita” delle spose è ancora una dolorosa realtà.

In ultima analisi, non possiamo certo tralasciare l’importanza di personaggi come la celeberimma Elizabeth Bennet, la cui intelligenza e impertinenza potrebbe essere ancor oggi il simbolo delle donne che non sono proprio il massimamente attraenti e vengono giudicate (male) perché esprimono il loro pensiero e si pongono alla pari dell’uomo. Roba da antiquariato? Io non credo.

Se tutto questo non basta, aggiungete al mazzo di carte Magic del vostro ragazzo la carta di Jane Austen ed invitatelo a combattere gli zombie servendosi del suo potere evocativo.

 

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